IN VIAGGIO CON...SIMONE

"I libri di Arturo Belano erano:
Le parfait criminel di Alain Jouffroy.
Le pays où tous est permis di Sophie Podolski.
Cent mille milliards de poèmes di Raymond Queneau."

- Roberto Bolaño, I detective selvaggi (1998)




Vivido, il racconto di Simone, compagno della Scuola Librai. Perché lui sa scriverli bene, i racconti. Filosofo, giornalista, in testa la creazione di una libreria in un quartiere di Roma. L'invito è ad immergersi:

C’è un solo personaggio letterario con cui mi vedrei in viaggio. Si chiama Arturo BelanoC’è un solo luogo in cui mi verrebbe in mente di portare Arturo Belano. Questo luogo è Napoli. Probabilmente, nel mio immaginario stereotipato, Napoli è la città che più mi
ricorda l’Argentina o il Messico di certi autori. Arturo Belano è una sorta di alter ego di Roberto Bolaño. Appare principalmente ne "I detective selvaggi". Arturo Belano fonda avanguardie letterarie, scompare nel nulla, qualcuno dice di averlo visto in Spagna, qualcuno dice che è ancora a Città del Messico, le testimonianze diventano racconti, e la sua figura a volte sbiadisce nelle sembianze di un fantasma irraggiungibile o di una menzogna. Lui, però, è sempre alla ricerca, insieme a Ulises Lima, di una misteriosa poetessa di nome Cesarea Tinajero. (Io, forse, continuerò
sempre a cercare Arturo Belano). E allora, dicevo, non mi dispiacerebbe incontrarlo a Napoli, che per me è una città che
evoca la stessa “sospensione” che trovo nei brani di Bolaño e nelle ricerche dei suoi personaggi-detective-poeti, in realtà perenni attraversatori del disordine di voci ed esistenze
minori che costantemente incontriamo e ignoriamo lungo quell’arco infinitesimale di tempo
in cui ci definiamo viventi.
Nella retorica comune Napoli è la città del sole. Eppure è soprattutto la città delle ombre, dei vicoli popolati da soggetti marginali, di palazzi cicatrizzati che oscurano la luce, di
brandelli di spazio in cui dominano altre regole, altri linguaggi, altri codici rispetto al mondo in superficie. Napoli è una città in cui smarrirsi cercando qualcuno o qualcosa. E, in una sorta di crossover letterario, questo qualcuno e qualcosa potrebbe essere la Maga, la donna intorno a cui ruota Rayuela di Julio Cortázar, libro amato da Bolaño, emblema ancora una volta di una ricerca impossibile, di un fantasma senza nome che è l’ennesimo tentativo
di dare forma al caos, liberarsi dal tempo e incidersi dentro che non è la fine. Poi un mattino, scendendo nella hall dell’albergo, non avrei trovato più il mio compagno di viaggio sprofondato sulla poltrona ad aspettarmi. Avrei chiesto di lui alla reception. Allora
l’uomo in divisa mi avrebbe risposto che Arturo Belano era andato via nemmeno un’ora fa, saldando il conto della sua camera. Non era solo, avrebbe aggiunto; con lui c’era una donna. Ma l’uomo della reception non l’aveva mai vista prima.

Devo dirtelo, Simone, Arturo Belano rispecchia, a tratti, l'immagine che ho di te. 

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