IN VIAGGIO CON...ANTONIO

"Dopo aver ingoiato la polvere di mezza Arizona, una buona sciacquata di gola è la benvenuta."

Tex Willer (personaggio ideato G.L. Bonelli e A.Galleppini, 1948)




"Mi scusi Signor Willer, verrebbe un giorno a vedere il mare?"
La frase mi uscì così. La voce inaspettatamente ferma ma un po' troppo bassa, tanto che pensai di dovermi ripetere ed era già abbastanza imbarazzante trovarmi lì, impalato e forse tremante davanti a una leggenda del West.
Il Signor Willer se ne stava comodamente stravaccato su una sedia di legno coi braccioli, uno stuzzicadenti al lato delle labbra che puntava verso il bancone come le gambe distese, gli stivali incrociati con gli speroni che toccavano il pavimento di legno e segatura, lo sguardo rivolto verso il fedele pard seduto di fronte a lui. In mezzo al tavolo rotondo, un paio di patatine fritte smozzicate ai lati di piatti spazzolati, contenenti solo piccole ossa ripulite della carne. Indossava la classica camicia gialla, le colt che penzolavano dalle fondine, il cappello su una sedia, non mi aveva visto arrivare, dava le spalle all'ingresso. Era stato il Signor Carson a vedere che mi avvicinavo al tavolo, seguendo i miei passi insicuri verso di loro con lo sguardo fisso su di me per poi fare un cenno al suo amico che aveva alzato la testa con una espressione neutra, né infastidita, né incuriosita dall'arrivo di un tizio in jeans. Aveva solo posato lo sguardo attento sulla mia felpa, una blusa, l'avrebbe chiamata lui.
E adesso eccomi in mezzo alla sala di questo ristorante impolverato, un'oasi sulla pista battuta da commercianti di pellame e gente che andava in cerca di fortuna all'est e i pochi anziani del paese che giocavano a carte bevendo whisky di bassa qualità. Tutti mi stavano guardando. Piovuto da un altro tempo ero riuscito a fare una domanda al mio personaggio letterario preferito (cosa? vogliamo davvero credere che i fumetti non lo siano, letteratura? Santi numi!) e la domanda era stata se lui, 'Aquila della Notte', come lo chiamavano i suoi amici Navajos, avrebbe voluto vedere il mare. Con me. Un giorno.
Tex mi guardò.
Pensai di scappare, probabilmente ero rosso in viso perché sentivo le guance scottare. Pensai che se si fosse messo a ridere, non avrei mai più avuto il coraggio di viaggiare in quelle praterie, come avevo fatto per anni, fin da piccolo quando a otto o nove anni, tiravo per la gonna leggera mia madre per portarla sul retro dell'edicola, in quel gazebo vicino al mare, dove l'edicolante aveva stoccato tanti numeri vecchi degli albi dedicati al più famoso ranger dei fumetti, dove mi mettevo in ginocchio alla caccia di quel numero che mi mancava, mentre guardavo per la centesima volta i disegni iper colorati di quelle copertine magnifiche, lo sbaffo della firma dei disegnatori e il profilo del mio cavaliere del West preferito di sempre.
Pensai potesse dire 'Ragazzo, no grazie'. E allora con una riposta simile avrei potuto allungare la mano e stringere la sua, annullando le differenze di carta che c'erano fra noi, mischiando universi, in un contatto da sogno. Infatti, ripensandoci, forse non era questa grande domanda.
Tex il mare lo aveva già visto, sicuro, eppure non ricordavo una storia dove questo capitasse. Mi ricordavo distese, la Monument Valley, la profonda Arizona, il caldo Texas, fitti boschi ma il mare, mai.
Aveva mai visto il mare Tex? Non ne ero affatto sicuro. Quindi, porsi la domanda. Poi, capirai se in più di cinquecento albi non ci fosse mai stata un avventura sul mare. Impossibile. Smisi di leggere le sue storie verso i trentacinque anni, magari mi ero perso quella dove vedeva il mare. Eppure, non ne ricordavo una, forse ancorato ai panorami abituali, classici, come questo ristorante, come le bistecche con la montagna di patatine, come le piume fra i fermacapelli delle cameriere.
Ecco, adesso Tex prende il capello dalla sedia di fianco a lui, mentre fa un sorriso storto, gentile. Se lo appoggia sulla testa con appena qualche capello bianco e mi guarda. Prende lo stuzzicadenti e lo lancia preciso in mezzo al piatto vuoto. Nel ristorante tutti ci stanno guardando. Il pianista ha smesso di suonare, un paio di cameriere hanno vassoi colmi di boccali vuoti eppure anche loro ci fissano, curiose.
E se dicesse: 'Certo, ragazzo, andiamo a vedere il mare'. Mi stupirei, poi ci incammineremmo verso l'uscita, spalancando le porte del saloon per salire su destrieri e dirigerci al mare che è vicino, giusto la prossima pagina, basta girare verso destra ed eccoci qua, davanti al mare e nel disegno successivo seduti in riva al mare, lui con il cappello che magari si lamenta del caldo umido, diverso da quello della praterie e io che mentre ho un sorriso beota stampato in faccia gli chiedo se vuole fare un bagno, oppure se vuole stare solo lì a guardare il mare.
Guardare il mare con Tex Willer al fianco. Magari non direbbe una parola, oppure mi regalerebbe un ricordo, qualcosa che è sfuggito alle tavole di tante storie, qualcosa che potesse essere solo mio. Oppure, mi racconta di quella avventura dove ha visto il mare, quella che io non ricordo. Mentre io potrei raccontargli...non so, cosa raccontare a Tex? Ascolterei le sue parole o soltanto il rumore delle onde.
Non faccio in tempo a finire il pensiero che ecco, il Signor Willer guarda il suo compagno di tante cavalcate, si raddrizza sulla sedia, poi si alza con lentezza. Mi sorride, mi guarda dritto negli occhi e mi dice: 'Ragazzo...'.

La rubrica "In viaggio con..." si conclude qui, al mare. Dopo aver attraversato mezzo mondo e personaggi eterni. Quindi grazie Antonio, e grazie a tutti voi che avete partecipato. La nuova rubrica del giovedì partirà a settembre.

Come sempre, è stato un onore.

Commenti

Post popolari in questo blog

CALIGULA

DINNER WITH THE AUTHOR

IN VIAGGIO CON...FRANCESCA